Tasse per Ricchi nell’Antica Roma, nel Medioevo, negli States e in Italia

Quante tasse paga un ricco oggi? Quante tasse pagava un ricco secoli fa? Quante tasse pagava un ricco negli Stati Uniti, patria del capitalismo? Ecco dei dati che vi lasceranno di stucco. Negli Stati Uniti, fino a 50 anni fa cchi avevano un reddito superiore ai 200 k $ di allora ( 3 milioni di euro oggi) pagava il 90% di tasse, oggi sono scesi alla metà, in compenso sono aumentate le tasse per il ceto medio. Oggi i super ricchi pagano molti meno soldi di tasse di un tempo e i poveri ne pagano molte di più.

Tasse per ricchi negli Stati Uniti

Negli Stati Uniti, le tasse per i miliardari (o per i redditi molto alti) hanno avuto variazioni significative nel corso della storia, con picchi particolarmente elevati in alcune epoche.

Il massimo storico delle tasse sui redditi alti

  • Periodo della Seconda Guerra Mondiale e post-guerra (1944-1963):
    • L’aliquota massima dell’imposta sul reddito federale raggiunse il 94% nel 1944-1945 per i redditi superiori a $200.000 (equivalenti a circa 3 milioni di dollari attuali).
    • Successivamente, durante gli anni ’50, sotto l’amministrazione Eisenhower, l’aliquota massima rimase al 91%.
    • Questo significava che le persone con redditi molto alti pagavano la maggior parte del loro reddito marginale in tasse, anche se erano applicate solo ai redditi che superavano certe soglie molto elevate.

Riduzione delle tasse: era Reagan e successivi

  • Negli anni ’80, con l’amministrazione di Ronald Reagan, ci fu una drastica riduzione delle aliquote fiscali:
    • Nel 1981, l’aliquota massima fu abbassata dal 70% al 50%.
    • Nel 1986, la riforma fiscale di Reagan la ridusse ulteriormente al 28%.

Situazione attuale

  • Oggi (dal 2023), l’aliquota massima federale è al 37% per i redditi superiori a $578.125 per i single e $693.750 per le coppie sposate.
  • A queste aliquote federali vanno aggiunte tasse statali e locali, che variano da stato a stato. Gli stati come la California possono aggiungere un ulteriore 12-13%, mentre stati come il Texas e la Florida non hanno tasse sul reddito.

Tasse effettive sui miliardari

Nonostante le aliquote teoriche, i miliardari spesso pagano una percentuale effettiva molto più bassa grazie a:

  • Deduzioni.
  • Crediti fiscali.
  • Strutture come il capital gain (imposte sui guadagni in conto capitale, tassate al massimo al 20%).
  • Uso di trust e paradisi fiscali.

NB: Negli Stati Uniti, le aliquote fiscali per i redditi più elevati hanno subito significative variazioni nel corso del tempo. Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’aliquota massima raggiunse il 94% nel 1945, applicata ai redditi superiori a 200.000 dollari dell’epoca.

Formiche Questa elevata tassazione mirava a sostenere lo sforzo bellico.

Negli anni successivi, le aliquote rimasero elevate: durante la presidenza di Dwight D. Eisenhower negli anni ’50, l’aliquota massima era del 91%.

Inomics Negli anni ’60, questa aliquota fu ridotta al 70%, prima di subire ulteriori diminuzioni durante l’amministrazione Reagan negli anni ’80, scendendo al 50% e successivamente al 28%.

Attualmente, l’aliquota massima dell’imposta federale sul reddito negli Stati Uniti è del 37%, applicata ai redditi superiori a 500.000 dollari per i singoli e 600.000 dollari per le coppie sposate.

Etica ed Economia

Tasse nell’antica Roma

Quando pensiamo ai Nostri avi come gli antichi romani, ai loro immensi imperi e alle ricchezze di imperatori, re, Consoli, ci viene in mente che il popolo era poverissimo e che i ricchi erano privilegiati e ricchissimi rispetto ad oggi.

La cosa assurda è che è esattamente il contrario cioè oggi i poveri o quanto meno il ceto medio sono molto più tassati vessati che al tempo degli antichi romani.

Al tempo dell’Antica Roma, il sistema fiscale era molto diverso rispetto a quello moderno, e le percentuali esatte delle tasse erano spesso variabili a seconda della provincia, del tipo di tassa e del contesto storico. Tuttavia, esistono alcune informazioni documentate sulle principali tasse dell’epoca e le loro approssimative aliquote.


1. Tassa sul patrimonio e sul censo (tributum)

  • Periodo repubblicano (fino al 167 a.C.):
    • Il tributum era un’imposta diretta applicata ai cittadini romani in base al loro censo (cioè al patrimonio personale).
    • L’aliquota variava tra il 1% e il 3% del patrimonio totale.
    • Durante le guerre o in situazioni di emergenza, questa aliquota poteva salire fino al 5%.
    • Dopo il 167 a.C., il tributo fu abolito per i cittadini romani residenti in Italia, perché le entrate derivanti dalle province (tributi provinciali) erano sufficienti.

2. Tassa sulle province

  • Tributo provinciale (tributum solis e tributum capitis):
    • Nelle province conquistate, gli abitanti dovevano pagare due tipi di tributo:
      • Tributum solis: tassa sul reddito derivante dalla terra. L’aliquota era generalmente fissata tra il 10% e il 20% della produzione agricola.
      • Tributum capitis: una tassa per abitante, che era più comune in alcune province e consisteva in una cifra fissa.

3. Tassa sulle eredità (vicesima hereditatium)

  • Introdotta dall’imperatore Augusto nel 6 d.C.
  • Imponeva un’aliquota del 5% sul valore delle eredità ricevute, ma escludeva parenti stretti (come figli o genitori).
  • Era una delle poche tasse dirette che riguardava i cittadini romani.

4. Tassa sulle vendite e sul commercio (centesima rerum venalium)

  • Anch’essa introdotta da Augusto.
  • Era una tassa indiretta pari all’1% sul valore delle merci vendute nei mercati romani.

5. Tassa sul manomissione degli schiavi (vicesima libertatis)

  • Un’aliquota del 5% sul valore di uno schiavo liberato, pagata dal padrone che concedeva la libertà.

6. Tasse straordinarie (collatio lustralis)

  • Introdotte successivamente, queste erano imposte straordinarie applicate per scopi militari o amministrativi.
  • In certi periodi, potevano arrivare al 25% dei redditi annuali, ma erano considerate eccezioni e non la norma.

Tasse in natura

In molte province, i tributi non erano pagati in denaro, ma in natura, come raccolti agricoli, bestiame o altri prodotti. Ciò dipendeva dal livello di sviluppo economico della regione e dalla presenza o meno di moneta.


Confronto con le aliquote moderne

Le tasse nell’Antica Roma erano generalmente più basse rispetto ai sistemi fiscali moderni, con aliquote che raramente superavano il 10-20%, tranne in casi straordinari. Tuttavia, l’effettivo peso fiscale poteva essere molto oneroso per i cittadini comuni e per le popolazioni provinciali, soprattutto a causa della corruzione, dell’abuso da parte degli esattori (i “publicani”) e delle tasse straordinarie in tempo di guerra.

Aliquote

Le tasse nell’Antica Roma, anche per i più ricchi, raramente raggiungevano livelli estremamente elevati in termini di percentuali fisse rispetto al reddito o al patrimonio. Tuttavia, ci furono periodi e contesti specifici in cui le persone più ricche furono tassate in modo significativo, specialmente attraverso tasse straordinarie o specifiche imposte mirate. Ecco i momenti principali in cui le tasse sui ricchi furono particolarmente alte:


1. Tassa sulle eredità (Vicesima Hereditatium)

  • Aliquota: 5% del valore totale delle eredità.
  • Applicata a tutti tranne ai parenti stretti.
  • Sebbene non fosse altissima in termini di percentuale, colpiva in modo significativo le classi più abbienti, che spesso gestivano grandi patrimoni immobiliari e schiavi.

2. Tassa sulla manomissione degli schiavi (Vicesima Libertatis)

  • Aliquota: 5% del valore dello schiavo liberato.
  • Questa tassa colpiva i ricchi proprietari di schiavi che decidevano di liberarli.

3. Tasse straordinarie sotto gli imperatori

Durante periodi di crisi, gli imperatori ricorsero a tassazioni eccezionali per colpire i ricchi:

  • Contributi straordinari sotto Caligola e Nerone:
    • Gli imperatori imponevano tasse speciali (a volte confiscatorie) per finanziare guerre, spettacoli o la ricostruzione delle città.
    • Anche se non si trattava di percentuali “ufficiali”, potevano arrivare a 25-30% del patrimonio dei più ricchi, o addirittura alla confisca totale dei beni, mascherata da tassazione.

4. Colatio Lustralis

  • Una tassa speciale introdotta durante il tardo Impero (III-IV secolo d.C.), che colpiva in particolare le classi mercantili e gli artigiani.
  • In alcune circostanze, poteva arrivare fino al 25% dei redditi annuali delle classi agiate.

5. Tributi personali e straordinari

In alcuni periodi di emergenza (guerre o crisi interne), i cittadini ricchi potevano essere obbligati a contribuire con:

  • Donazioni forzate (“aurum coronarium”): oro o denaro richiesto per celebrare vittorie o eventi imperiali.
  • Confisca parziale dei patrimoni per finanziare campagne militari.

Momenti più gravosi per i ricchi

I più ricchi non erano solo tassati in modo ufficiale: spesso subivano pressioni politiche o confische mascherate da tassazione. Ad esempio:

  • Sotto l’imperatore Vespasiano, venne imposto un regime fiscale molto rigido per ricostruire l’Impero dopo il caos della guerra civile.
  • Sotto l’imperatore Domiziano, i senatori e i patrizi potevano essere tassati pesantemente per finanziare il lusso della corte.

Le tasse ufficiali per i più ricchi nell’Antica Roma raramente superavano il 10-20%, ma in circostanze eccezionali (guerre, crisi o necessità imperiali), i ricchi potevano subire tassazioni straordinarie o addirittura confiscazioni, che potevano colpire 25-30% o più del loro patrimonio.

Se confrontate con il sistema fiscale moderno, queste tasse sembrano basse, ma il peso fiscale era aggravato da corruzione, esattori locali abusivi e donazioni forzate imposte dai governanti.

Tasse per Ricchi nell'Antica Roma, nel Medioevo, negli States e in Italia

Medioevo

Nel Medioevo, il sistema fiscale era molto diverso da quello moderno e non esistevano percentuali fisse e uniformi come nei sistemi tributari odierni. Tuttavia, in certi contesti e periodi storici, le persone più ricche potevano essere gravate da tasse o obblighi particolarmente pesanti, che in alcuni casi potevano arrivare a percentuali molto elevate del loro reddito o patrimonio.

1. Sistema Feudale e Tasse sui Ricchi

Nel sistema feudale, la tassazione non era basata su aliquote uniformi e non esisteva un’imposta sul reddito moderna. Tuttavia, i nobili e i ricchi proprietari terrieri avevano obblighi economici specifici verso i sovrani o i signori feudali:

  • Donazioni straordinarie al sovrano: In situazioni di guerra o emergenza, i ricchi potevano essere costretti a donare fino al 20-30% dei loro beni per finanziare eserciti o campagne militari.
  • Feudatari e obblighi militari: I ricchi feudatari dovevano spesso contribuire con cavalli, armamenti e uomini per sostenere il sovrano. Questi obblighi potevano rappresentare una forma indiretta di tassazione, equivalente a 15-20% del reddito annuale.

2. Decime ecclesiastiche

  • La decima era una tassa ecclesiastica che prevedeva il versamento del 10% della produzione agricola o del reddito al clero. Questa tassa colpiva tutte le classi, inclusi i ricchi, ed era obbligatoria in quasi tutta l’Europa cristiana.
  • Per i grandi proprietari terrieri, la decima poteva rappresentare una somma considerevole, poiché si applicava alla loro intera produzione agricola.

3. Tasse straordinarie in periodi di guerra

Durante guerre o crisi politiche, i sovrani europei imponevano tasse straordinarie ai nobili e ai ricchi cittadini:

  • In Inghilterra, sotto il regno di Riccardo Cuor di Leone, per finanziare le Crociate, i nobili furono tassati con una tassa straordinaria del 25% sui loro redditi.
  • In Francia, durante la Guerra dei Cent’Anni (1337-1453), i ricchi mercanti e nobili erano spesso soggetti a tributi straordinari, che potevano arrivare al 20-30% del reddito annuale.

4. Tasse sui mercanti e le città

I mercanti e i ricchi abitanti delle città medievali erano spesso tassati attraverso:

  • Tasse commerciali: In alcuni periodi, i ricchi mercanti potevano essere tassati fino al 10-15% dei loro profitti per sostenere le finanze delle città o dei regni.
  • Dazi e pedaggi: I mercanti pagavano pedaggi elevati sulle merci trasportate, che potevano rappresentare un costo pari al 20-25% del valore delle merci.

5. Confische e requisizioni

In alcune situazioni, i sovrani o i signori locali requisivano beni direttamente dai ricchi:

  • Sotto Filippo IV di Francia (“il Bello”), i Templari e i banchieri furono perseguitati e i loro beni confiscati, una forma estrema di tassazione che colpiva il 100% del patrimonio.
  • In Inghilterra, sotto re Giovanni Senza Terra, i nobili furono tassati pesantemente, con percentuali che potevano superare il 30-40% del loro reddito annuale, portando alla ribellione che sfociò nella Magna Carta.

6. Tasse indirette: il peso sui ricchi

Sebbene non esistessero aliquote fisse moderne, l’insieme di tasse dirette, obblighi feudali, decime ecclesiastiche, dazi e contributi straordinari potevano portare il peso fiscale complessivo per i più ricchi a livelli elevati:

  • In situazioni normali, il carico fiscale complessivo raramente superava il 15-20%.
  • In periodi straordinari, come guerre o crisi, il peso complessivo poteva raggiungere il 30-40% o più, in termini di contributi diretti e indiretti.

Conclusione

Le tasse nel Medioevo non erano uniformi né basate su aliquote stabili, ma i ricchi potevano subire un carico fiscale complessivo massimo tra il 30% e il 40% del loro reddito o patrimonio, specialmente in tempi di guerra o crisi. Tuttavia, questo non era applicato regolarmente, ma in contesti straordinari.

Francia pre-rivoluzionaria

Nel periodo pre-rivoluzionario della Francia (fino al 1789), il sistema fiscale era caratterizzato da enormi disuguaglianze, in quanto i più ricchi (nobiltà e clero) godevano di privilegi fiscali e spesso erano esentati da molte tasse dirette. Questo squilibrio fiscale fu una delle cause principali della Rivoluzione Francese. Ecco un quadro delle tasse principali e delle aliquote approssimative rivolte ai ricchi:


1. Struttura sociale e privilegi fiscali

La società francese era divisa in tre ordini o “stati”:

  1. Primo Stato: Clero.
    • Esentato dalla maggior parte delle tasse.
    • Contributo fiscale limitato (pagava una donazione “volontaria” al re, in genere tra l’1% e il 2% delle loro entrate).
  2. Secondo Stato: Nobiltà.
    • Esentata dalla maggior parte delle tasse dirette (come la taille).
    • Pagava alcune imposte indirette e occasionalmente tasse straordinarie, ma molto meno rispetto ai redditi elevati che possedeva.
  3. Terzo Stato: Ceto medio e popolazione comune (artigiani, mercanti, contadini).
    • Sosteneva quasi tutto il carico fiscale.

2. Tasse principali nella Francia pre-rivoluzionaria

a. Taille (tassa diretta)

  • La taille era la tassa diretta più importante.
  • Applicata principalmente ai contadini e al ceto medio.
  • I nobili e il clero erano esentati.
  • Per chi doveva pagarla, l’aliquota variava, ma poteva raggiungere fino al 10-15% del reddito annuale.

b. Imposta sul sale (Gabelle)

  • La gabelle era una tassa indiretta sul sale, considerata una delle più odiate.
  • Colpiva tutti, ma i nobili e il clero potevano ottenere esenzioni o tariffe ridotte.
  • Il costo del sale rappresentava una percentuale molto alta del reddito dei più poveri.

c. Corvée (lavoro obbligatorio non retribuito)

  • Non una tassa monetaria, ma un obbligo imposto ai contadini e al Terzo Stato.
  • I nobili e il clero erano esentati da questo dovere, che era un peso significativo per i meno abbienti.

d. Dazi e tasse straordinarie

  • I ricchi mercanti e i borghesi dovevano pagare dazi commerciali e altre imposte indirette (come i pedaggi sulle merci), che rappresentavano circa il 10-15% del valore delle transazioni commerciali.

e. Don gratuit (donazione volontaria del clero)

  • Il clero contribuiva con una donazione annuale al re, pari a circa il 2-5% delle sue rendite, ma questo era molto meno rispetto al valore delle terre e delle risorse che possedeva.

f. Aides e imposte indirette

  • Tasse sui consumi, come quelle su vino, tabacco e beni di lusso.
  • Colpivano tutti, ma erano proporzionalmente più pesanti per le classi meno abbienti rispetto ai ricchi.

3. Contributi richiesti ai ricchi (nobiltà e clero)

Sebbene i ricchi fossero largamente esentati dalla maggior parte delle imposte, c’erano alcune situazioni in cui dovevano contribuire:

  • Tasse straordinarie durante guerre o crisi: Il re poteva imporre ai nobili una tassa straordinaria, ma questa era relativamente bassa (intorno al 5-10% dei redditi).
  • Capitation (tassa sulla testa): Introdotta nel 1695 da Luigi XIV, questa tassa colpiva tutti i cittadini, inclusi nobili e clero, con aliquote che variavano in base alla classe sociale. I nobili pagavano aliquote ridotte rispetto al loro reddito reale.

4. Aliquote fiscali per i più ricchi

Le aliquote effettive per i ricchi (nobiltà e clero) erano sorprendentemente basse:

  • Tasse dirette: I nobili e il clero erano quasi completamente esenti.
  • Tasse indirette: I ricchi pagavano imposte sui consumi (vino, sale, beni di lusso), ma in percentuale rispetto ai loro redditi, queste rappresentavano una minima parte.
  • Complessivamente, i ricchi potevano pagare solo il 2-5% del loro reddito totale in tasse, un peso fiscale estremamente basso.

5. Contrasto con il Terzo Stato

  • Il Terzo Stato sosteneva fino all’80-90% del carico fiscale complessivo del regno.
  • Le tasse dirette e indirette sul Terzo Stato potevano arrivare al 30-40% del reddito annuale, rendendo il sistema fiscale estremamente ingiusto e insostenibile.

6. La crisi fiscale e la rivoluzione

  • L’esenzione fiscale dei ricchi e il peso sproporzionato sulle classi inferiori portarono alla crisi fiscale del XVIII secolo.
  • Re Luigi XVI tentò di introdurre riforme fiscali per tassare anche nobili e clero (ad esempio, nel 1787-1788), ma queste furono fortemente osteggiate e contribuirono allo scoppio della Rivoluzione Francese nel 1789.

Conclusione

Nella Francia pre-rivoluzionaria, le aliquote fiscali per i più ricchi (nobiltà e clero) erano estremamente basse, generalmente tra il 2% e il 5% del reddito, mentre il resto della popolazione, soprattutto il Terzo Stato, sopportava aliquote che potevano superare il 30% del reddito. Questa disuguaglianza fiscale fu uno dei principali motivi di malcontento sociale e della successiva rivoluzione.

Italia post unitaria fino ad oggi

Le aliquote fiscali in Italia, dalla sua unificazione nel 1861 fino a oggi, hanno subito enormi trasformazioni, specialmente per quanto riguarda le persone più ricche. Di seguito è riportato un riepilogo delle principali fasi storiche del sistema fiscale italiano e di come le aliquote massime siano cambiate nel tempo.


1. Il periodo post-unitario (1861-1920)

  • Tassa di famiglia (imposta diretta sul reddito):
    • Il sistema fiscale italiano si basava principalmente su imposte patrimoniali e imposte sui redditi agricoli.
    • Nel 1864 fu introdotta l’imposta di ricchezza mobile, che colpiva redditi da lavoro e capitali.
    • Aliquota massima: variava tra il 5% e il 10% per i redditi più alti.
  • Tassa straordinaria per guerre:
    • Durante la Prima Guerra Mondiale, furono introdotte imposte straordinarie per finanziare lo sforzo bellico. Le aliquote effettive potevano arrivare al 12-15%.

2. Periodo fascista (1922-1945)

  • Il regime fascista mantenne un sistema fiscale incentrato su imposte dirette, introducendo nuove tasse sui consumi e accise.
  • Aliquota massima:
    • Nel 1925, per i redditi più alti, l’aliquota massima dell’imposta di ricchezza mobile salì al 20%.
    • Durante la Seconda Guerra Mondiale, furono imposte tasse straordinarie, portando l’aliquota massima fino al 30% per i redditi molto elevati.

3. Dopoguerra e ricostruzione (1946-1960)

  • Il sistema fiscale rimase incentrato su imposte dirette e accise, ma con l’introduzione di nuove imposte sui redditi personali.
  • Aliquota massima:
    • Negli anni ’50, l’aliquota massima sui redditi più alti era intorno al 40%.

4. Il boom economico e la riforma del 1974

  • Nel 1974, il sistema fiscale italiano fu riformato con l’introduzione dell’IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche), un’imposta progressiva a scaglioni.
  • Aliquota massima:
    • Nel 1974, l’aliquota massima per i redditi più alti era fissata al 72%, una delle più alte mai registrate.
    • Negli anni ’80, l’aliquota massima fu ridotta progressivamente:
      • Nel 1983: 62%.
      • Nel 1989: 50%.

5. Periodo recente (1990-oggi)

  • Dagli anni ’90, il sistema IRPEF è stato semplificato, riducendo il numero di scaglioni e le aliquote massime.
  • Aliquota massima oggi (2023):
    • L’aliquota massima IRPEF è attualmente il 43%, applicata ai redditi superiori a 50.000 euro annui.
    • A questa si aggiungono imposte regionali e comunali sul reddito, che possono incrementare il carico fiscale totale di circa 2-3%.

Confronto ieri e oggi

PeriodoAliquota massima sui redditi più alti
1861-19205-10%
1920-194520-30%
1946-197340-50%
1974-198962-72%
1990-oggi43% (con addizionali regionali/comunali)

Conclusioni

  • Il periodo più gravoso in termini di tassazione per i ricchi è stato quello tra il 1974 e il 1989, quando l’aliquota massima IRPEF superava il 70%.
  • Oggi, con un’aliquota massima del 43%, l’Italia si trova in una posizione media-alta rispetto agli altri Paesi europei, ma con un carico fiscale complessivo più alto a causa delle tasse indirette, regionali e comunali.

IL SISTEMA DI TASSAZIONE è VERAMENTE GIUSTO IN ITALIA?

Ecco un’analisi delle aliquote fiscali in Italia oggi e nel corso della storia, con una tabella riassuntiva delle aliquote massime applicate ai redditi più alti e alcune considerazioni generali.


Aliquote fiscali in Italia oggi (2023)

Il sistema fiscale italiano è basato sull’IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche), che è progressiva. Le aliquote attuali sono:

Scaglioni di redditoAliquota IRPEF (2023)
Fino a 15.000 €23%
Da 15.001 € a 28.000 €25%
Da 28.001 € a 50.000 €35%
Oltre 50.000 €43%

A queste aliquote si aggiungono tasse regionali e comunali, che possono portare il prelievo totale a circa il 45-50% sui redditi più alti.


Aliquote fiscali nella storia d’Italia

L’evoluzione delle aliquote fiscali italiane dal 1860 ad oggi mostra un trend crescente fino agli anni ’70, seguito da una riduzione negli anni ’80 e ’90.

PeriodoAliquota massimaSoglia di redditoConsiderazioni
1864 (ricchezza mobile)10%Redditi elevati/professionistiIntroduzione di una tassa progressiva, ma con aliquote basse.
1920 (Italia liberale)12%Redditi elevatiTasse relativamente basse rispetto al reddito totale.
1930 (periodo fascista)20-25%Redditi elevatiTasse straordinarie per finanziare guerre e politiche autarchiche.
1945 (Dopoguerra)50-60%Redditi elevatiIntroduzione di un sistema progressivo per la ricostruzione.
1974 (boom economico)72%Redditi molto altiPicco storico delle aliquote IRPEF, basato su politiche redistributive.
1983 (riduzioni fiscali)62%Redditi molto altiRiduzione delle aliquote durante il processo di modernizzazione.
1990 (riforme fiscali)50%Redditi molto altiSistema progressivo semplificato; pressione fiscale ancora elevata.
2023 (oggi)43%Oltre 50.000 €Aliquota massima ridotta, ma con aggiunte regionali/comunali che aumentano il carico.

Considerazioni sull’evoluzione fiscale

  1. Progressività crescente nel tempo:
    • Dal 1860, con l’introduzione della “ricchezza mobile”, l’Italia ha adottato un sistema fiscale progressivo, ma le aliquote erano inizialmente basse.
    • La progressività si è accentuata nel dopoguerra, con aliquote massime sopra il 50% già negli anni ’50.
  2. Massima pressione fiscale negli anni ’70:
    • L’aliquota del 72% raggiunta nel 1974 è stata tra le più alte al mondo, riflettendo le politiche sociali ed economiche dell’epoca.
  3. Riduzione negli anni ’80 e ’90:
    • Con le riforme fiscali degli anni ’80 e ’90, l’aliquota massima è scesa al 50%, rendendo il sistema più vicino a quello di altre economie sviluppate.
  4. Oggi: Aliquote basse per i ricchi rispetto al passato:
    • L’attuale aliquota massima del 43% è tra le più basse della storia italiana, ma il peso fiscale complessivo resta elevato per via di imposte indirette e contributi previdenziali.
  5. Confronto con altri Paesi:
    • Le aliquote massime italiane di oggi (43%) sono in linea con quelle di molti Paesi europei (ad esempio, Germania: 42%, Francia: 45%), ma il sistema italiano è più complesso e caratterizzato da una forte evasione fiscale.

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