Quante Tasse si Pagano sull’Oro in Italia: Cosa dice la Legge

E’ il bene rifugio per eccellenza, quello più desiderato per preziosi e universalmente conosciuto per il suo colore riflettente. E’ l’oro, che negli ultimi anni acquisisce un valore esponenziale. In quest’articolo parleremo insieme della sua tassazione e delle quantità che si possono custodire e vendere nell’anno.

Le tasse sull’oro sono ovviamente da preventivare qualora si vogliano mettere al sicuro risparmi o fare investimenti, per calcolare meglio le plusvalenze e rendere l’idea delle spese. Un tema recente in Italia, ma su cui è importante fare precisazioni e comprendere meglio la situazione. Bisogna quindi capire, quante tasse si pagano sull’oro?

Quante Tasse si Pagano sull'Oro in Italia: Cosa dice la Legge
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Quanto viene tassato l’oro?

La tassazione sull’oro da investimento in Italia è disciplinata dall’art. 1 della Legge 7/2000, approvata dopo la sollecitazione dell’UE sulla Direttiva 98/80/CE del Consiglio del 12/10/1998. Tale legge ne regola acquisto e vendita e, abolendo il monopolio dell’Ufficio Italiano Cambi (chiuso definitivamente dall’art. 62 del D.lgs. 231/2007), consente ai cittadini italiani di comprare e detenere oro da investimento:

  • Lingotti, con purezza pari o superiore ai 995 millesimi
  • Monete, con purezza pari o superiore ai 900 millesimi, prodotte dopo il 1800, aventi avuto corso legale nel paese d’origine e con prezzo non superiore all’80% del valore corrente dell’oro sul mercato libero

Ai sensi della suddetta legge, l’oro d’investimento è esente dall’IVA vigente. L’IVA resterà invece per:

  • Oro industriale
  • Monete da collezione con prezzo superiore all’80% del valore dell’oro contenuto
  • Oro da gioielleria

Ai sensi dell’art 67, comma c-ter del TUIR, verrà corrisposta la tassazione IRPEF al 26% sulla plusvalenza nelle rivendite da privato ad azienda, che secondo il Fisco è indicata come Reddito Diverso e richiede dichiarazione all’Unità Informazione Finanziaria di Bankitalia se il capitale ceduto è superiore a 12.500 euro e per operazioni a titolo gratuito, come donazioni o successioni, ai sensi dell’art. 2, commi dal 24 al 54 del D.L. 262/2006. In caso contrario, differentemente dai titoli mobiliari l’oro fisico non richiede dichiarazione di possesso.

Quante tasse bisogna pagare sull’oro

Le tasse sull’oro sono del 26% calcolato sulle plusvalenze ( che sono il guadagno che si è avuto, cioè la differenza tra prezzo di vendita e prezzo di acquisto), cioè come ogni altro strumento finanziario in Italia.

La stessa aliquota si applica sia alle plusvalenze sull’oro finanziario, che sull’oro fisico.

Nel caso in cui non si è in possesso del certificato di acquisto dell’oro che si vuole vendere, nel momento in cui si andrà a vendere l’oro che si possiede, il fisco italiano presume che si abbia avuto un guadagno del 25% su tutto l’oro venduto e quindi su quella quota di plusvalore, si dovrà pagare il 26% di tasse.

Ai sensi del D.P.R. 917/1986, invece le minusvalenze sono deducibili.

Quanto oro si può possedere?

Sull’effettiva quantità d’oro posseduta non vi sono normative precise. Tuttavia, secondo quanto espresso dall’UIF, l’art. 1, comma 2 della Legge 7/2000 prevede obbligo di dichiarare ogni operazione in oro in Italia e da e per l’estero per importi superiori a 12.500 euro, soglia aggiornata dal D.M. 17/10/2022 del MEF:

  • Le operazioni in Italia relative ad un determinato mese vanno dichiarate all’UIF entro la fine del mese successivo a quello in cui l’operazione viene compiuta
  • Le operazioni verso l’estero vanno dichiarate all’UIF prima dell’arrivo alla frontiera, con copia del documento che attesti l’avvenuta operazione, sempre da inserire a consuntivo

La responsabilità di segnalazioni d’acquisto per quantità d’oro superiori ai 12.500 euro ricadrà sul venditore.

Quanto oro si può vendere in un anno?

Sebbene non esista una quantità massima d’oro vendibile all’anno, secondo il D.Lgs. 92/2017 la transazione deve avvenire con appropriati metodi di pagamento da parte dell’operatore: ai sensi del D.M. 14 maggio 2018 che implementa le normative antiriciclaggio, il pagamento in contanti è consentito per importi fino a 499,00 euro/settimana, oltre i quali si richiederanno metodi tracciabili come carte, bonifici o assegni. In alternativa, per somme superiori ai 499,00 euro si può pagare tale limite in contanti e il resto con metodi tracciabili.

L’art. 5 del Decreto obbliga massima trasparenza dell’operatore nella compravendita e nelle fasi successive, al fine di tutelare la privacy dell’acquirente e proteggerlo da eventuali illeciti, come ricettazione e riciclaggio. Per tale ragione si redigerà una scheda con codice univoco che identificherà la compravendita, che farà da ricevuta, in cui verranno indicati:

  • Verifica dell’identità del cliente
  • Descrizione specifica dei preziosi oggetto della compravendita, con caratura e peso 
  • Doppia indicazione di valore di mercato del metallo e prezzo applicato alla compravendita, al fine d’accertare il corretto operato dell’operatore
  • Almeno due fotografie differenti dei preziosi oggetto della compravendita
  • Importo pattuito tra le parti
  • Data e ora della conclusione dell’operazione
  • Importo corrisposto ed estremi del pagamento effettuato

Per ogni importo superiore ai 77,47 euro l’operatore dovrà applicare una marca da bollo da 2,00 euro sulla scheda dell’operazione. Tutte le schede vanno custodite in sicurezza, consentendo però la messa a disposizione di autorità giudiziarie in caso di specifiche richieste.

La valutazione dell’oro venduto sarà strettamente connessa a:

  • Caratura
  • Peso
  • Quotazione sul mercato

Non sarà possibile vendere oro in modo anonimo per i clienti, che dovranno obbligatoriamente fornire i loro documenti di riconoscimento: sarà un modo per verificare la loro frequenza di vendita, evitando fenomeni di riciclaggio.

Quanto costa tenere oro in banca?

Chiunque necessiti di custodire il proprio oro al sicuro, le banche mettono a disposizione servizi di custodia tramite apposite cassette di sicurezza: sono contenitori con capacità dai 5 ai 250 litri, dotati d’allarme e chiavi e posizionati in aree blindate. Il loro funzionamento è disciplinato dall’art. 1839 c.c. e garantiscono un elevato livello d’anonimato.

la legge non prevede costi specifici, che sono quindi variabili a seconda delle banche che le offrono, anche in base alle loro politiche interne: le spese variano dai 3,00 ai 10,00 euro/litro, traducibili in cifre dagli 80,00 ai 200,00 euro/anno per cassette di piccole dimensioni, che possono raggiungere i 1.800 euro/anno per dimensioni maggiori. A questi si aggiungono eventuali polizze assicurative con massimali dai 10.000 ai 100.000 euro.

Le cassette possono essere cointestate a più persone e l’accesso vi avviene alla presenza di un funzionario bancario, con chiave universale, che trascriverà l’ingresso nei registri. Ai sensi dell’art. 1218 c.c. la banca dovrà dimostrare di non essere responsabile di casi fortuiti sanciti dal legislatore, mentre secondo l’art.1841 c.c. le cassette sono soggette ad apertura forzata da parte delle autorità giudiziarie davanti provvedimenti esecutivi.

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Conclusioni

Secondo Bankitalia, col contributo 2022 della BCE le riserve auree italiane sono di circa 2.452 tonnellate, di cui 4,1 in forma di monete e le restanti in lingotti con dimensioni dai 4,2 ai 19,7 kg e purezza dai 996,2 ai 999,99 millesimi. Di questa quantità, 1.100 tonnellate sono custodite nella sede di Roma, 1.061 negli Stati Uniti, 149,3 in Svizzera e 141,2 nel Regno Unito.

A conti fatti, è questo l’oro d’investimento che in Italia è esente da IVA, un vantaggio che rende il possesso di questo metallo nobile molto conveniente da rivendere nonostante i prezzi particolarmente elevati per acquistarlo. Tuttavia, vanno necessariamente considerati eventuali costi di custodia qualora si voglia tenere in banca, mentre occorre ricordare che le plusvalenze sono sottoposte al 26%, dato che andrà preventivato negli investimenti.

Infine, importante accorgimento è conoscere bene l’operatore presso il quale si vuole vendere, che sia iscritto all’OAM ai sensi del D.lgs. 92/2017.

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